mercoledì, gennaio 11, 2006

Il modello danese: utopia o esportabilità?

Non sono un economista, ma mi affascina cercare di comprendere certe affermazioni di carattere economico che a volte appaiono sui quotidiani e tentano di sfondare l’attenzione del lettore.

È il caso del “modello danese”, richiamato negli ultimi mesi dell'anno appena trascorso, all’attenzione di un probabile futuro governo di centro-sinistra da Francesco Giavazzi. Dalle pagine del Corriere della sera l’editorialista lo proponeva come stimolo per adottare una nuova politica del lavoro e dell’occupazione.

Stavo già chiedendomi perplesso come si potesse riportare il modello economico di un Paese con 5,4 milioni di abitanti in un Paese che ne ha oltre dieci volte tanti quando ho deciso di andare a verificare il Pil dei due Paesi, Danimarca e Italia.

Il dato disponibile nel sito ufficiale europeo risale al 2001, è in miliardi di euro, ed è già significativo: in Italia 1.220,1 in Danimarca 177,9. Ovvero, pro-capite, in Italia poco più di 21mila euro, in Danimarca attorno ai 34mila. Una bella differenza. O no? Chiaro che in un’economia “ricca” e non fortemente indebitata possano essere adottati provvedimenti in materia di “ammortizzatori sociali” (indennità fino a 4 anni per i licenziati).

E nel 2004 la forbice cresce: in Italia, posto il valore del 2001 pari a 118, secondo le statistiche nazionali, lo stesso nel 2004 è giunto a quota 128,4 (+8,8%), mentre in Danimarca il Pil era pari a 177,9 nel 2001 e 194,9 nel 2004 (+9,5). E il nostro trend è riflessivo mentre quello danese pare in continua crescita.

Leggendo poi le caratteristiche della politica occupazionale in Danimarca si accerta la presenza di una reale co-gestione dell’economia del lavoro da parte delle componenti sociali (Stato, imprese, sindacati) rispetto alla conflittuale del nostro Paese, dove ogni intervento in materia di lavoro (vedi legge Biagi) scatena prima proteste e poi valutazioni ed analisi. E la recentissima riforma del Tfr ne è un altro ineluttabile esempio.

Ma allora, cosa ne direbbe Bertinotti se i suoi compagni di cordata adottassero il consiglio di Giavazzi e proponessero quale nuova politica del lavoro quella danese, caratterizzata da libertà di licenziamento e maggiore circolazione del lavoratore, quindi con una maggiore competizione nel lavoro e per le imprese?

Una ricetta proponibile ma, forse, di destra!

Pino Fasulo

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